Leonard vs. Pepsico – come (provare a) vincere un jet da combattimento ad una raccolta punti

Spesse volte i Tribunali possono essere la sede di battaglie così peculiari da lasciare esterrefatti. Probabilmente ciò è diretta conseguenza della natura della specie umana, che sa esprimere soggetti dalla curiosità, istinti e volontà più variegati. D’altra parte, essi sono teatro degli impulsi, delle passioni, delle richieste delle persone, e questa è la ragione per cui, in tale sede, possono nascere controversie e casi di grande interesse.

Quello di cui oggi vorremmo trattare, è particolarmente noto, in quanto è stato oggetto di un documentario dal titolo “Pepsi, where is my jet?” prodotto da Netflix e avente ad oggetto la storia di un (allora… i fatti risalgono ormai agli anni 90…) ragazzo americano, John Leonard, il quale rivendicò giudizialmente il proprio diritto a ricevere, dalla nota compagnia Pepsico, un caccia militare.

La storia inizia quando Pepsico, con il chiaro intento di aumentare le proprie vendite, avvia la campagna pubblicitaria televisiva, abbinata ad una raccolta punti, “Drink Pepsi Get Stuff”, che consentiva ai clienti della stessa di aggiudicarsi premi di vario tipo, collezionando i punti presenti all’interno di ciascuna confezione. La campagna includeva uno spot televisivo, passato insistentemente su tutte le reti, che vedeva come protagonista un giovane liceale il quale, bevendo Pepsi, riusciva a guadagnare diversi gadget (occhiali, felpa, etc…). Ciò che più colpiva dello spot, tuttavia, era il fatto che l’ultimo gadget “guadagnato” dal ragazzo fosse niente di meno che un jet McDonnell Douglas-BAe AV-8B Harrier II, ovvero un caccia militare del valore di 33 milioni di dollari. In particolare, la pubblicità, sul finale, mostrava in sovrimpressione la scritta “Caccia Harrier, 7.000.000,00 punti Pepsi”. Nessun disclaimer aggiuntivo.

Venendo al punto della storia che oggi vogliamo raccontare, dobbiamo dire che, dopo aver visto lo spot, John Leonard decideva che avrebbe fatto in modo di aggiudicarsi l’Harrier Jet e questo sebbene lo stesso fosse contemplato nella pubblicità, ma non nei cataloghi premi.

Per fare ciò, John Leonard sfruttava un cavillo del regolamento a premi, il quale consentiva di acquistare punti Pepsi al valore di 0,10 $ ciascuno. I punti così acquistati, uniti a 15 punti Pepsi “cartacei” e raccolti mediante l’acquisto di lattine della famosa bevanda, avrebbero (in teoria) consentito al giovane Leonard di aggiudicarsi il tanto agognato aeroplano.

Ora, presto fatti i conti (7.000.000,00 x 0,10 = 700.000,00$ a fronte di un valore del jet di 33 milioni!) e trovato un amico investitore, John Leonard inviava una raccomandata a Pepsico chiedendo che gli fosse consegnato il Jet spettantegli in base alla campagna di raccolta punti.

Per tutta risposta, Leonard si sentiva dire che il caccia non era effettivamente incluso tra i premi disponibili e che la pubblicità aveva finalità e toni scherzosi e pertanto non doveva essere presa seriamente a tal riguardo.

Da tale rifiuto nasceva una controversia legale avente ad oggetto l’esecuzione specifica dell’obbligazione di consegnare il jet, conclusasi davanti alle corti newyorkesi con sentenza sfavorevole al giovane Leonard, emessa sulla base della natura evidentemente scherzosa (a parere della corte) dello spot, comprovata dalla inverosimiglianza del suo contenuto[1].

La sentenza, inoltre, evidenziava l’insussistenza di un’offerta valida ai sensi del trattato Restatement (Second) of Contracts, mancando la forma scritta necessaria alla conclusione di un contratto valido, nonché l’assenza di una effettiva offerta del jet, in quanto questo non era contemplato nei cataloghi cui lo spot faceva riferimento, cataloghi che avrebbero contenuto l’unica vera offerta effettuata da Pepsi…

Per quanto condivisibile (o meno) la decisione possa essere, sarebbe interessante immaginare le sorti di un procedimento avente le caratteristiche di quello sopra descritto qualora questo fosse stato celebrato in Italia.

Tralasciando ogni aspetto relativo alla possibilità di richiedere l’esecuzione in forma specifica dell’obbligazione di consegnare il jet, riteniamo che la campagna a premi effettuata da Pepsico sarebbe stata ricondotta alla figura della promessa al pubblico di cui all’art. 1989 c.c. che sancisce che ““Colui che, rivolgendosi al pubblico, promette una prestazione a favore di chi si trovi in una determinata situazione o compia una determinata azione, è vincolato dalla promessa non appena questa è resa pubblica”.

La predetta norma, a differenza di quella a lei somigliante di cui all’art 1336 c.c., rubricata “Offerta al Pubblico”, non sembra fare menzione di contemperamenti alla regola della vincolatività dell’offerta sulla base del contesto e quindi delle circostanze che circondano la proposta.

Forse complice anche la circostanza che la prima debba essere qualificata come promessa unilaterale, mentre la seconda come atto prodromico alla stipula di un vero e proprio contratto, non sembrano peraltro applicabili alla promessa al pubblico le regole sull’interpretazione dei contratti, ed in particolare quelle che impongono di tenere in considerazione l’intenzione dei contraenti e di applicare la buona fede interpretativa.

Dunque, in assenza di una giurisprudenza chiarificatrice (assenza probabilmente dovuta al mancato verificarsi di casi di analoga bizzarria nel nostro paese) non ci è possibile individuare una soluzione plausibile al caso, anche considerata la natura militare del bene oggetto di domanda, circostanza che complica ulteriormente il lavoro della corte.

Dunque, preso atto dell’assenza di un valido “precedente” italiano, non ci rimane che chiedervi: voi a chi avreste dato ragione?

Avv. Giulia Sofia Cucurnia

[1] “A television commercial depicting a military jet is not an offer of goods; any objective person cannot reasonably conclude that a television commercial was an actual offer of a military jet of which consumers could accept; a television commercial that was an alleged contract did not satisfy the New York statute of frauds”.

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